di Isabella di Soragna
L’elettricità non si accorge se dà luce a una lampada, a un frigorifero o a una centrale elettrica. Sembra una frase assurda, eppure è un esempio tangibile di quanto succede alla coscienza, al senso di esistere. Per uno strano meccanismo, al momento del risveglio improvviso dal sonno profondo, questa vaga sensazione legata al respiro, senza forma né colore, senza spazio né tempo, si accartoccia, prende forma in un ‘immagine di piccolo ‘’io’’ e il disco duro della memoria si mette in moto. Il corpo-mente è come la lampadina, il senso di essere l’elettricità. La radio o la tv non si mettono in testa di essere ”diverse o speciali”, dotate di autonomia e di volizione propria. L’entità “io”- a cui si aggiungono nomi e concetti a non finire – si carica invece del peso di infinite immagini e memorie – e perde l’immaterialità senza nomi o etichette della sua vera natura. Siamo talmente proiettati sul nostro schermo gigante che contiene mondi e galassie, regge e prigioni, assassinii e nascite, che non ci accorgiamo non solo che provengono dal nostro video interno – soprattutto quello che cerchiamo di tener nascosto, sia per apparire bravi ragazzi o il contrario, secondo l’immagine che abbiamo curato fin dalla nascita – ma che basta un colpo di spugna (stati di incoscienza) per annullare sia temporaneamente che per sempre un film amato o detestato. Pur sempre un film anche in 3D, che può dissolversi o infrangersi, come se una bomba producesse un enorme buco in un magnifico quadro gigante. Una specie di Truman show in cui navighi su mari calmi e burrascosi finché ti accorgi che sei arrivato… ad un muro: tutto era finto!
Siamo talmente inzuppati fin dalla nascita in questo super-show che ora moltiplichiamo attraverso la rete, la Tv, gli I-pod, smartphone e oggetti simili, in una ragnatela così fitta che sembra invalicabile. Pochi hanno il coraggio di porsi la domanda che annullerà tutte le domande, per andare oltre: sono i disperati e i veri ricercatori, gli esploratori dell’impossibile. Un giorno dicono: “Basta!” e invece di ingarbugliarsi di più nei fili di ragno-maya (illusione primordiale) o prendono una spada e tagliano il nido di fili o tornano indietro del tutto.” Da dove sono venuto?” iniziano a chiedersi. “Chi o cosa sono veramente? Cos’ero prima di essere concepito?” Una volta iniziata questa ricerca, si è catapultati alla rovescia, sempre più all’interno, finché nella notte buia della mancanza di immagini e di concetti “qualcosa” di completamente imprevisto scardina tutto. Ci si rende conto che… continua la lettura su riflessioni.it