Quando sono nata ? che cosa significa? Lo sono davvero o me l’hanno insegnato e inculcato dopo anni di ripetuti suoni e moine, quando hanno inventato questa parola? Non sapevo di vivere, sentivo il movimento dell’aria che era tutto il cielo che respirava dentro …dove?…
Vaghi sprazzi di memoria m’indicano che da uno stato di perfezione e di non –separazione(lo dico ora che ho le parole che possono solo ”vagamente dipingere’’ questo) mi sento rinchiusa e rimpicciolita in una gabbietta soffocante dove esce da un piccolo buco l’aria che era invece, tutta inseparabilmente IO. Quante volte in seguito m’immaginavo: se l’aria che tutti respiriamo e che ci riunisce, sparisse di colpo, cosa sarebbe rimasto?
Non è lo stato che cercano di descrivermi ora, ossia della simbiosi rimasta con la madre nel suo ventre, questo è ancora troppo restrittivo, soffocante.
Tenterò di esprimere sensazioni e fatti con parole che rispecchiano solo vagamente il vissuto di quei giorni.
Questo totale senso di libertà si è affievolito per via di due eventi: il primo è un suono ripetitivo che ascolto, il nome costante che i “grandi”, gli adulti m’incollano addosso, – che prima vedevo come me stessa, mentre ora diventano esseri separati, ma potenti e quasi pericolosi. Il secondo: poco alla volta, di giorno in giorno che vedo passare nel mio presente senza fine, mi sento rattrappita in un vestito troppo stretto. Come dicevo, poco alla volta mi sento sempre più racchiusa nella gabbietta a due gambe e due braccia(mentre la testa è ovunque ancora!) e mi pervade un senso di solitudine spaventosa. Come fuggire da questa situazione, se mi sento ogni giorno più vulnerabile, dipendente da cibo, sonno, vestiti. Forse ho avuto carezze, mi parlano di una mamma e di un papà, ma le sento estranee. Appena mi comincio ad abituare a questa situazione, ecco mi dicono: ”C’è la guerra, il papà è partito e la mamma…non c’è?” Vedo tanta gente che corre e va, la grande casa è occupata da soldati stranieri, mi mettono su un treno che puzza di fumo e di bruciato che mi porta in un luogo sconosciuto, poi un’auto con odori sgradevoli, in altri luoghi ignoti: non posso fuggire, dove potrei andare? In seguito ritrovo la natura selvaggia di boschi e rive di fiumi e mari, sento di nuovo l’ebbrezza della comunione che è sempre sottintesa in me. Vedo la risonanza tra le cose, le stelle del cielo sono dentro di me. Se mi regalano una piantina che curo con amore, se questa si secca, mi è chiaro che chi me l’ha donata, si è allontanato da me.
Mi sento ancora come in un treno negli anni seguenti, però sono sempre ferma (il viaggio sulle rotaie della vita che sembra correre, scuola, università, matrimonio, ecc.). La mia migliore e unica amica l’hanno rinchiusa in un ospedale, perché schizofrenica, mentre non me n’ero mai accorta che fosse “diversa”! Alcune volte mi capitava anzi di seguire il discorso di una persona dichiarata “alienata mentale” solo perché m’immergevo senza “pensare” nel suo iter illogico, per i cosiddetti “normali”!
Comprendo che le percezioni sono soggettive e alla fine mi rendo conto che sono creazioni del nostro apparato o sistema nervoso: possono esserci similitudini, ma il “mondo è dentro alla mente che opera ” e ci sono infinite diseguaglianze, ma non sono da “eliminare” per rassicurarci!
Le confessioni, i dogmi cattolici, i tentativi di farmi capire anche dal maestro di religione, un prete che m’incuteva timore e ansia, erano come ostacoli che si accumulavano. Un giorno, durante un compito in classe, dove tutte le compagne copiavano tranquillamente dal libro di catechismo, mi venne in mente di esprimere il mio sentire in materia. Il voto(il peggiore della classe) fu…tragico! Il maestro mi spiegò con tono seccato che “non corrispondeva affatto” alle risposte date dal testo: dovevo solo “conformarmi” come le altre scolare!! Ovvero…copiare!
Francesco d’Assisi era il mio idolo e sentivo la necessità un giorno di ritirarmi in convento con le Clarisse. Mi sdraiavo sul tappeto di notte per abituarmi a dormire sul duro, ma poi… rinunciai.
A volte vedevo e vedo ancora delle insegne che sono specchi di quello che inconsapevolmente sento dentro. Ad esempio, sulla strada accanto, passa un lungo Tir su cui emerge una scritta – che credevo un’indicazione commerciale: a caratteri cubitali, in inglese: –Pura essenza di essere – Un camion in mezzo a una strada italiana, con quella scritta??
Un’altra volta mi fermo a un semaforo e sulla mia destra appare all’entrata di una casa, una targa con l’iscrizione: –Qui, nel 1617 non è successo nulla.- Poi più avanti un’altra:- Nemmeno qui.– Così…si è sicuri!
Un giorno in un mercato rionale con i banchetti stracolmi di verdure, frutta, dolci e altro ben di Dio, ne vedo uno vuoto: mi avvicino e vedo un venditore che mi addita serio un cartello:-Qui si vende solo vento.-
Potrei continuare, ma sarebbe perfino noioso.
Un sacco a pelo e una borsa e mi avventuro verso l’Himalaya con un gruppo di monaci tibetani… cosa cerco? Non lo so di preciso, ma sento che avrò qualche risposta che negli anni seguenti farà riaffiorare la realtà universale sempre presente, tuttavia ancora offuscata da interpretazioni e memorie.
La meditazione mi appare come qualcosa d’imposto e innaturale, anche se i pensieri inutili sono calmati, ma non oso dirlo.
Poi, molti anni dopo, ecco un fatto che mi ha confermato il tutto, in modo plateale. Cercavo una cripta sotto una chiesa parigina, adibita temporaneamente a teatro. Giravo in tondo, ma non ne trovavo l’entrata. (era forse già un segnale?…)Tornando sui miei passi per l’ennesima volta, entrai nell’antica cattedrale per chiedere informazioni. Un prete mi venne incontro e in quell’attimo sentii e “vidi”(!) che tutto il paesaggio, le persone, gli addobbi, le statue uscivano dal…mio petto. Ero a dir poco frastornata. Il sacerdote mi si avvicinò e mi disse con aria seccata di togliermi da lì per far passare…. una lunga fila di bambini vestiti di bianco che (probabilmente) dovevano recarsi alla prima comunione! Il paradiso apriva le sue porte? No, anzi: quella frase mi fece ritornare allo stato “separativo” e, commossa e impaurita, uscii dall’edificio. Immediatamente trovai l’entrata della cripta e la sera potei assistere alla storia del “Pellegrino russo”, un noto mistico.
Cominciai quindi a convincermi che tutto succedeva da…sé, senza alcuna volontà personale, nostra, anche se così sembrava. Non c’entrava il “destino, la buona o cattiva sorte ecc.” che ci faceva apparire come trottole governate da forze impietose. Niente di tutto questo. Le foglie che cadevano in autunno o le gemme che spuntavano a primavera si preoccupavano di chi o che cosa lo decideva? Certo, si parlava d’incidenti, di assassinii, di suicidi di massa, di pestilenze, di guerre con tanti morti, commentate da frasi di paura e condanna. Certamente, vi era qualcosa da non condividere, ma poi vedevo che in ogni modo per quelle persone (e i temi astrologici e altro me lo confermarono) si trattava della loro vita, insita, già iscritta e già avvenuta in qualche modo, nella loro apparizione nel mondo di sogno che li avvolgeva. Vi erano solo riflettori che man mano illuminavano questo o quell’aspetto. Nascita, vita e morte erano un’unità. Il loro vero “Sé” non ne era coinvolto. Si potevano forse salvare queste apparizioni? Si, se era nel loro script o DNA. Tanti sparivano alla nascita, tanti altri a cent’anni. Se di notte sognavo, chi o cosa decideva quale sogno doveva apparire e quando sarebbe finito? Quando scoprii l’inesistenza dello spazio-tempo, capii che erano tutte immaginazioni. Lo stesso per le nascite, i matrimoni, o tutt’altro avvenimento che si manifestava… sempre qui-ora.
Gli scienziati hanno confermato che le nostre decisioni “apparenti” sono già determinate prima che ne siamo coscienti.
Allora tornavo all’eterna domanda: -Chi o cosa nasce e chi o cosa muore?- Un movimento, una vibrazione che prende forma come un arcobaleno tra le nuvole, sparisce, ma rimane sempre luce. Ci s’incolla un’etichetta “IO”, che tuttavia è la stessa di ogni abitante di ogni razza del mondo. Se quello che sembra nascere è solo un’idea, questa sparirà e la morte non avrà appiglio su quello che siamo davvero: adesso è sempre, mentre il prima e il dopo, sono ancora etichette d’uso, ma non reali. Ecco che l’angoscia che molti provano all’“idea” di morire, si rivela falsa, perché è dettata da memoria e anticipazioni(anche inconsapevoli) che fanno parte del contenuto del sistema nervoso e NON sono veri.
I pensieri quindi erano un po’ come aquiloni trasparenti o nuvole passeggere sullo schermo del sentirmi viva, ma di sicuro non mi appartenevano e soprattutto non facevano parte del reale.
Capii dunque il senso di essermi sentita spesso ingannata e tradita in varie situazioni, mentre l’origine vera sottogiacente era solo l’inganno o ipnosi iniziale(cui non credevo del tutto): “Sono un’entità, m’ identifico e mi separo”. Questo mi ha confermato ancora una volta che non c’entrava la simbiosi materna mancata, come mi volevano far credere gli psicologi: la vita voleva solo darmi uno stimolo a…cercare oltre, prima ancora del concepimento, che cos’ero?
Se il tempo e lo spazio si rivelano davvero inesistenti, il castello di carte crolla e le parole dei dialoghi di Nisargadatta Maharaj che mi “apparvero” per caso in una biblioteca di un paese sperduto, mi hanno confermato questo. Nascita, vita e morte sono solo addobbi di un presente infinito perché mai incominciato. Le NDE*, come il sonno profondo e i sogni dell’alba, sono “stati”, esperienze che si sovrappongono come le lettere dell’alfabeto, che si accavallano e a volte hanno un significato, altre …nessuno. La realtà ultima e unica che “siamo”, non è un’esperienza e rimarrà sempre inconoscibile, come l’occhio che non potrà mai vedere se stesso. Al massimo uno specchio potrà darcene un’idea, ma NON sarà mai la realtà.
Alla cosiddetta nascita (solo anni dopo mi hanno insegnato che era avvenuta) – se lo spazio-tempo è davvero relativo e dunque fuorviante in senso assoluto – ho estratto dalla cassa toracica con un urlo disperato…il primo respiro! Alla cosiddetta morte lo renderò, felice di riposarmi davvero in quest’ apparente frenetico via-vai di nascita-morte, di inspiro – espiro, poiché sono certa di essere ‘’aria’’ totale e completa, senza appartenenze e diseguaglianze, come ogni “cosiddetto essere mortale”. Sono tutti e tutti sono me.
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(*NDE – near death experience – esperienza di pre-morte)
…Come il piccolo derviscio di Konya(Turchia) che gira e gira e si fonde in se stesso…