Viviamo in un mondo di etichette senza accorgerci che spesso la colla viene a mancare, poco alla volta queste si staccano e volano via, lasciando l’esperienza sensoriale in libertà, al senza-nome originario che accomuna il percepito in un’unica bolla.
È un po’ come quando si entra in un negozio di utensili: ci sono dei cartellini che designano degli oggetti non ben conosciuti e il prezzo. L’occhio vede, classifica, ricorda e proietta su quanto stima “esterno”. In effetti vediamo solo ciò che il nostro sistema cognitivo ha già catalogato, lo proiettiamo e lo ripetiamo. Mi sveglio la mattina, c’è un’indefinibile sensazione che mi anima, come se avessi acceso l’interruttore del mio computer e tutto il programma…ricomincia, ma è uguale per tutti? Per alcuni si accende diversamente e le percezioni che avvengono sono differenti ed ecco subito le cataloghiamo come un “problema”: la visione deformata, come fosse a zig-zag (la retina si stacca e dà informazioni errate) o i colori sono alterati come nei daltonici, o la vista è annebbiata o si vedono fantasmi, e così via, la lista è lunga e non solo per la percezione visiva. Subito si coniano altre etichette, ecco gli schizofrenici, gli psicotici, autistici e tutta la serie di allucinazioni possibili cui si è incollato un nome per distinguerle.
Tuttavia, la nostra percezione del mondo più comune, la cosiddetta “normosi”, non è forse un’altra allucinazione ancor più diffusa?
Lo stesso avviene quando accendo il PC, alcuni programmi funzionano altri meno, altri sono bloccati del tutto.
Ritornando al risveglio mattutino o comunque anche dopo un sonnellino, ecco riaffiorare aspettative, desideri, timori e memorie, ancora etichette che s’incollano di nuovo su esperienze passate, ma sempre presenti. In effetti tutto è totalmente cambiato dai primi anni di vita, non solo il nostro fisico e bagaglio mentale, ma anche l’ambiente domestico. Eppure riusciamo a attaccare cartellini e sigilli simili anche nei viaggi in cui cerchiamo sensazioni eccitanti e nuove, che ci portano lontano dal conosciuto familiare. Ripetiamo le stesse memorie in vesti diverse, dovute a sensazioni se non a traumi, anche a gioie della primissima infanzia. Quasi come il campanello a scuola che segnava la fine delle lezioni e che ci sollevava forse da un’interrogazione per la quale eravamo impreparati: come premere un tasto che ci apre una scheda o ”file” nel computer. Passeggiando in un giardino vediamo un oggetto colorato e lo nominiamo “fiore”, forse ce ne ricordiamo il nome ed ecco riapparire sullo schermo della memoria il …funerale di nostra nonna! CHI ha preparato tutta questa messa in scena? L’apparato psicosomatico, se è attivo, il computer se è acceso, altrimenti è solo una nota fuggitiva che presto scompare.
Quali sono dunque queste etichette dal loro primo apparire? Come fanno a renderci schiavi dell’identificazione ad un personaggio che ci siamo costruiti dal nulla?
La programmazione e istruzione è avvenuta durante il primo e il secondo anno dopo la nascita. Se, appena nati fossimo stati allevati da lupi (come è già avvenuto in passato) o fossimo stati ciechi e sordomuti, sarebbe stato diverso.
Ognuno sperimenta il “suo” mondo, che proviene solo dalla sua mente-coscienza.
Il bebè che si vede allo specchio, addita sorpreso un “qualcun altro” e noi gli inculchiamo che è lui in mille modi, ripetiamo di continuo il suo nome, mostrando che quello là dentro è lui o lei, Paolo o Giovanni, Teresa o Maria. Finalmente, se tutto procede “normalmente”, dopo mesi di istruzione giornaliera, comincia a costruirsi la sua targhetta e finisce per esserne anche fiero! Purtroppo è lì che cominciano i guai.
Non solo piange perché ha male o ha fame, ma perché è “lui o lei” a sperimentare il problema e comincia a chiudersi nel suo bozzolo che si porterà poi per …tutta la vita.
La maggior parte continua imperterrita nei condizionamenti insegnati, reagisce, reagisce, credendo di decidere. Tutto è già deciso (meglio dire è ‘’già’’’ avvenuto poiché tutto è contenuto qui-ora) fin dal primo istante del…concepimento! Vediamo la questione in due fasi simili, ma da sviscerare nei dettagli.
La prima è quella del primo respiro, la prima separazione dal grembo materno, poi avviene la riunione con l’aria che comincia ad entrare nei polmoni dilatati al momento del taglio del cordone ombelicale, in seguito le apparizioni ancora confuse dell’apparente esterno: queste diventano un’altra madre o matrix in cui si trova rifugio con tutte le informazioni già accumulate durante la gravidanza e sperimentate dalla madre – che il neonato (non solo, ma anche più avanti!) continua a considerare come se stesso, senza alcuna separazione. Questo dimostra che tutto è solo una costante ripetizione in mille forme, del qui-ora.
La seconda è il costante replicarsi della veglia, del sonno, del sogno, del sonno profondo, nell’apparenza dello spazio-tempo, con le immagini ripetitive, ma che si credono diverse, del…momento del concepimento! Questo è stato constatato da test di varia provenienza, ma che confermano che la memoria è già potenzialmente in atto al…concepimento. E non solo. Siamo collegati a tutta la storia dell’universo. Quale universo? Quello che ci appare ora, contiene tutte le memorie, ma noi riusciamo a rievocare solo quelle che appartengono al nostro schema di concezione-nascita o al DNA se vogliamo. Sono gli stessi elementi che si ricollegano tra di loro. Portiamo addosso le memorie ancestrali, è come un “clic” su un PC gigante, (che contiene solo schede-riflesso del nostro potenziale) poiché tutto avviene solo…ORA. Alcuni riescono a “ricordare” altri meno. In sostanza è solo un gioco costante di specchi dei cinque elementi e delle energie di cui è composto sia il corpo, sia il nostro ambiente, antenati o situazioni particolari compresi: un arcobaleno variopinto che appare come formato da vari colori e sfumature, ma in realtà è solo luce unica: il senso di essere, o coscienza, si frantuma, dando la parvenza di molteplicità.
Ecco la storia del “karma” che in realtà (ho potuto confermarlo con evidenza e vivendo situazioni particolari) è solo un susseguirsi di proiezioni che non hanno nulla a che fare con la causalità, che é solo una falsa visione della realtà atemporale, ossia in un punto infinitesimale si concentrano memorie, sprazzi di vite, (non la “mia “ vita o la “sua”!) ma la mente non riuscirebbe a sperimentarle poiché ha bisogno di un flusso “lineare” per poterlo fare. E’ come avere un binocolo o uno strumento visivo formidabile che può illustrare sia passato che futuro – decomponendolo, per così dire – nello spazio-tempo fittizio. Ad esempio, se ora temo gli incendi e voglio salvare dei bambini senza sapere perché lo faccio, anche se non ho mai vissuto eventi simili, ecco che può accendersi una memoria di un incendio in cui ero un insegnante di piccoli monaci in un luogo dove non vi era acqua a disposizione e non riuscivo né a spegnerlo né a salvarli. Continuerò inconsciamente a voler salvare piccoli e grandi, credendo a un semplice atto di compassione. Non è successo a “me personalmente” e non c’è mai stata causa, è solo un riverbero a-temporale di un momento del concepimento, o della gestazione o del parto, che ha preso forma, per esempio. Anche le esperienze di Stan Grof lo dimostrano, che molti drammi nella vita di un paziente si riferiscono a un momento difficile della gravidanza (il paziente riesce a ricordarsi perfino conversazioni o traumi della madre gestante e mai espressi) che si ripercuotono poi in varie manifestazioni che sembrano diverse, ma hanno la stessa matrice. Non è causale, ma di risonanza. Un diapason sempre in funzione.
Come un film girato ad altissima velocità, oppure il contenuto in un minuscolo USB di un romanzo-fiume, già completo all’origine. E da qualunque punto della combinazione di energie del momento della nascita (si chiede sempre l’ora e il luogo infatti per essere più precisi) si può intravedere, anche in quelli che sembrano avvenimenti di un passato molto antico, o di un futuro lontano, le risonanze col proprio input natale. È tutto GIÀ qui. Posso garantire che è verificabile.
Ecco quindi la spiegazione evidente di tutte le divinazioni, tarocchi, temi astrologici, numerologici ecc. TUTTO è GIÀ QUI-ORA, sono solo specchi, basta saperlo decifrare. È come un fiore che appare dal nulla, poiché non si è mai notata la sua radice.
Non c’è nulla di soprannaturale, magico, è solo sapere e riuscire a vedere in un gioco di colori di un punto particolare, tutto lo svolgersi – nello spazio-tempo apparente – della goccia del concepimento, allargatosi nel momento della nascita, ma già contenente tutti gli elementi-chiave della cosiddetta vita individuale. In un tema astrologico per esempio, vedo sia eventi della gestazione, come l’individuo genera (o vede) i suoi genitori, i suoi fratelli, vicini, partner, professione e gli ostacoli che si crea… tutto da solo(!), ma proietta poi tutto e amplifica – sempre nello spazio-tempo fittizio – in avvenimenti complessi piacevoli o tragici. Non si tratta di previsioni o visioni paranormali, o di essere maghi o medium, solo saper leggere… una carta geografica sempre attuale e a disposizione.
Il neonato, fino a circa due anni è ancora in simbiosi con la madre. Poi crescendo, a furia di istruzioni dalla nascita (a parte personaggi speciali come Ma Ananda Moy e pochi altri) si identifica con un determinato corpo-mente-coscienza, si sente separato e sperimenta paura, sofferenza e forte angoscia. Questa non è sempre consapevole, ma spesso è proiettata su quanto compie o vive in vari modi, oppure la sopprime, diventando ancor più coraggioso di altri, o cerca disperatamente il potere, poiché teme di perdere quell’oggetto cui si è tanto identificato e che se non ci sarà più, è la fine! Se incontra un sat-guru (ma potrà anche avvenire in altra forma), quell’uomo troverà il modo di deprogrammare, smontare le identificazioni o gli ingranaggi che lo legano al concepimento e alla nascita – che sono i pionieri di tale sofferenza.
Anche Uppaluri Gopala Krishnamurti, U.G. – che aveva perso qualunque identificazione a una ”persona”, pur funzionando normalmente, diceva che tutto comincia col primo pensiero “Io” dove inizia la misura immaginaria e da lì, etichetta dopo etichetta, si crea evidentemente tutta…l’illusione della vita!
L’individuo potrà comportarsi nel quotidiano spesso come prima in apparenza, ma non sarà mai coinvolto nel suo intimo. È tornato ad essere spazio come era prima del concepimento e poi… ancora e sempre.
Le etichette si usano quando servono, ma in realtà sono già volate via…