traduzione di Isabella di Soragna
Traduzioni tratte da “L’insegnamento della non-esistenza del mondo”: Note di un senza-nome’’
– Edizione Hagenmüller
Colui che è lo spettatore della manifestazione non è approdato alla saggezza: saggio è colui che non solo ha riconosciuto, ma integrato nel suo pensiero che non esiste una manifestazione.
Il saggio poi è anch’esso un’illusione, ma la sua saggezza proviene dalla Realtà e svela la Realtà.
LA REALTÀ ASSOLUTA è INDESCRIVIBILE, LA SI PUÒ SOLO INDICARE VIVENDOLA, INCARNANDOLA.
Ciò che esiste è Consapevolezza pura, ciò che è visibile è solo apparenza: che esista un mondo è un’invenzione, che non esista un mondo è conoscenza diretta.
Non esiste lo spazio, ma l’apparenza di spazio, non esiste tempo, ma l’apparenza di tempo, non esiste causalità ma solo l’apparenza della causalità.
Il cambiamento ed il tempo sono le due facce di una medaglia apparente: non esiste cambiamento né tempo. Non esistendo il tempo non esiste nemmeno l’eternità, ma solo il “senza-tempo o atemporalità”.
“L’atemporalità” significa che ciò che sembra passato è ancora presente, e ciò che pare futuro è già presente.
Se dici che l’intelletto produce l’illusione del mondo, si può controbattere che l’intelletto fa parte dell’illusorio individuo, quindi è inesistente. Ciò che non esiste non può produrre nemmeno un’illusione.
Poiché all’inizio non esisteva un mondo, non ve ne sarà uno alla fine, quindi non può esserci un mondo nemmeno nel presente.
Quando si chiede a un fisico atomico di cosa è fatta la terra ti direbbe:’’ Praticamente di nulla’’, poiché se si comprimessero le particelle subatomiche di cui la terra appare fatta, non rimarrebbe praticamente nulla. Un giorno anche quelle particelle si volatilizzeranno, ma i fisici lo devono ancora imparare, e un giorno essi scopriranno ciò che i mistici hanno capito da sempre.
Se è compresa l’irrealtà del mondo, tutte le scienze si rivelano solo occupazioni di una Fata Morgana.
Esiste un’apparizione del mondo, ma il mondo non esiste realmente. Finché si vede “qualcosa” si è ancora ciechi, si vede solo quando …non si vede più nulla.
La Realtà è aldilà degli opposti, mentre l’illusione del mondo è soggetto alla polarità: un polo implica un altro polo. Chi combatte il “male” diminuisce in tal modo il “bene” e chi aumenta il “bene” rinforza in tal modo il “male”.
Non si può migliorare un’illusione del mondo. Si aiuta il mondo realizzando che non esiste. Chi vuol migliorare l’esterno ha in realtà bisogno di migliorare il proprio interno.
Non si può migliorare la Realtà che è perfetta e il mondo non è migliorabile perché non esiste. Ciò che rimane quando il miraggio scompare, è la perfezione.
Noi non siamo gli agenti di un’azione, siamo solo gli spettatori della persona con la quale ci identifichiamo. Che bisogno c’è di un libero arbitrio?
Il libero arbitrio è un’illusione e la volontà vincolata è altrettanto illusoria: in realtà non abbiamo nessuna volontà.
Sullo schermo appaiono pensieri che crediamo nostri, i sentimenti e gli impulsi che consideriamo nostri, come le nuvole sul cielo immobile.
Il karma è solo una catena di quadri illusori, quindi nulla: una legge apparente per apparenti persone in un mondo apparente, quindi irrealtà. Non appena si riconosce il mondo come irreale anche il karma lo diventa.
Chi riconosce che non vi è un “agente” si libera da ogni karma.
Ciò che ci appare come disgrazia lo è dal punto di vista umano, dal punto di vista dell’Assoluto è solo immaginario.
La morte: torniamo al punto da cui non siamo mai partiti. Parte solo l’immaginazione di un corpo materiale.
Alla morte del corpo svanisce l’illusione di questo corpo, ma rimangono le illusioni del corpo astrale e causale: finché questa fede rimane, siamo soggetti all’inganno della reincarnazione. L’attaccamento alle cose materiali è il seme che ci fa prendere forma sul piano terreno.
La fine della ricerca: colui che cerca non esiste e quello che esiste veramente non cerca.
La Realtà è immutabile. Qualunque cosa uno cerchi di raggiungere – foss’anche l’Illuminazione – è un miraggio.
Tutte le immagini fallaci dei Guru sono solo strumenti con cui l’Assoluto si serve per insegnare alle false immagini dei discepoli oppure… per prenderli per il naso.
Tutto ciò che un Guru può fare è di insegnare al discepolo che né lui, il Guru, né lui il discepolo esistono. Se fa questo è utile, se non lo fa è un ciarlatano.
Il Sat-guru (Vero Guru) è l’Assoluto. Quando l’immagine illusoria del vero Guru parla, è l’Assoluto che lo fa, attraverso i pensieri manifestati dalla bocca del vero guru.
Non è il proferire di qualche mantra, ma il tacere, il mezzo per vivere la Realtà. In verità si tratta di dissolvere il meditante.
L’asservimento è ignoranza e l’Illuminazione è anch’essa illusione. No vi sono illuminati né non-illuminati: l’individuo non può né diventare né essere illuminato, perché non esiste.
La legge della Realizzazione del Sé dice che chiunque rinunci a tutto, guadagna tutto.
La “rinuncia” non è “fisica”: non significa buttar via le cose materiali, ma accettare con mente serena se spariscono.
Realizzarsi è semplice: significa annullare l’”IO”. Non appena l’”IO” è totalmente scomparso, l’Assoluto riempie subito la vacuità che si è creata.
Siamo solo spettatori e non attori dei cambiamenti del mondo. Non serve agitarsi per delle immagini. Si rimane ad assistere la vita come ad un film.
(Il teatro della mia vita)
Non siamo nemmeno gli “abitanti” del nostro corpo, siamo l’osservatore unico di corpi.
L’ascesi significa ritirarsi dal potere immaginario della coscienza.
Chi ha riconosciuto il Sé non è giunto (per così dire) al traguardo, ma solo se Lo vive costantemente.
Si può solo essere liberi dall’errore di essere un corpo che vive in un mondo materiale. Il corpo non sarà esente da mali e limitazioni, ma realizzeremo che non abbiamo nulla da fare con essi.
Chi vede in un angolo della stanza una sedia e nell’altro angolo uno spazio vuoto, realizzando che sono la STESSA COSA, allora vive il Sé.
Ecco MAYAVADA è l’insegnamento di maya – è il tentativo di descrivere qualcosa d’indescrivibile e di spiegare qualcosa d’inspiegabile.
Nell’Assoluto immutabile eterno, emergono quadri che cambiano e poi spariscono.
La fine di questo insegnamento:
la comprensione di ciò che è, quando non c’è nulla.
L’insegnamento di maya è la sola visione del mondo che rende sopportabili i terrori del mondo e le tragedie della vita.
La verità è cercata dagli scienziati della natura, è afferrata dai filosofi, e trovata dalla maya.
L’intera dismisura per quanto concerne il sapere umano, è falsa: più si sa, più si è poco intelligenti.
I nostri sensi sono i più grandi impostori.
Non possiamo vedere il mondo, vediamo in fondo un quadro del mondo che la nostra coscienza ci consegna esclusivamente.
Tutto quello che le scienze naturali hanno scoperto finora, sono solo quadri che coprono la realtà, ma non sono la realtà.
Gli uomini giudicano dalle apparenze, mai dall’essenza, ecco perché ogni giudizio è falso.
Ciò che esiste non è descrivibile, quello che si può descrivere non esiste: sulla realtà si può solo mentire o tacere.
Tutto ciò che cambia è pura apparenza, la realtà è immutabile, completa e perfetta.
Ciò che esiste non scompare, ciò che scompare non esiste.
Se si designa l’Assoluto come “qualcosa”, è sbagliato, se lo si designa come “nulla” è ancora falso: meglio dire “un nulla che è ancora nulla” (non-nulla).
L’Assoluto non ha nulla a che fare con ciò che designiamo come coscienza: esso non dipende da nulla e non si basa su nulla.
Tutti gli opposti sono illusioni. L’Assoluta Consapevolezza, la sola esistente, è al di là di ogni contraddizione. Ecco perché ogni logica si annienta e vige solo il paradosso.
Il conoscitore, il conosciuto e la conoscenza sono la stessa cosa nell’Assoluto: esso è anche al di là dello spazio e del senza spazio.
Dove c’è cambiamento vi è anche tempo, dove non c’è cambiamento non c’è tempo: tempo e cambiamento sono le due facce di una stessa medaglia. Nell’Assoluta consapevolezza non c’è tempo, quindi il cambiamento è impossibile.
Non esiste nulla di quello che conosciamo, esiste solo quello che NON conosciamo.
L’Assoluto è inconoscibile, ma lo si vive nel momento in cui l’illusione del mondo sparisce.
Ciò che esiste è solo Pura Consapevolezza, tutto ciò che è visibile è in verità solo un simulacro.
Cos’è irreale? TUTTO, tranne la Pura Consapevolezza, che è il vero substrato invisibile del mondo irreale.
Il mondo non è una rappresentazione dell’individuo, poiché l’individuo stesso è una rappresentazione ed è finora inaudito che una rappresentazione possa produrre una rappresentazione.
Perché l’Assoluto ha manifestato l’illusione del mondo? Come la natura del corpo umano è di respirare, distruggere vecchie cellule, ricrearne di nuove fino alla fine, così quella dell’Assoluto è di creare scene di universi, uomini e cose, per dissolverle in seguito. La sua attività è di pensare e rappresentare, ma ciò non cambia nulla, SEMBRA SOLTANTO che lo faccia.
Si può solo trascendere il mondo riconoscendone l’irrealtà.
Non può esserci un mondo poiché manca la sua origine. Un accadimento causale si rompe se manca un membro – il primo, o quello di mezzo o l’ultimo. Nell’ordine causale del mondo manca il primo membro. Anche se si parla di Big Bang (prima esplosione), questo non lo spiega veramente, poiché ci doveva essere “qualcosa” prima che potesse creare un’esplosione. Da dove proveniva il materiale che poi è esploso? Manca quindi l’origine – il primo membro – dell’esistenza del mondo. Questo fa concludere che il mondo visibile è solo un quadro fittizio.
Nulla è mai successo e non esiste una storia del mondo. Non c’è speranza nel mondo, ma non c’è da temere, è solo fatto di quadri fittizi: l’insegnamento di maya è una consolazione poiché dimostra che tutto è irreale.
La fine del mondo? Non c’è da agitarsi! Se ne va solo uno spettacolo illusorio.
Il mondo si sta inabissando! – piagnucolate. – Non è mai esistito! – rispondo.
La realtà è aldilà degli opposti, mentre l’illusione del mondo è sottoposta alla legge di polarità: un polo necessita l’altro. Chi combatte il “male”, diminuisce anche il “bene” e chi aumenta il “bene” aumenta di conseguenza il “male”.
Gli opposti apparenti del mondo illusorio non hanno bisogno di equilibrarsi, ma di essere trascesi.
Il malessere del mondo giace nel fatto che gli uomini combattono il male: se lo accettassero, nel mondo regnerebbe solo la pace. Se ognuno si occupasse dei propri problemi con lo stesso zelo con cui si occupa di quello degli altri, il mondo sarebbe più in equilibrio: in realtà chi vuole salvare o migliorare gli altri ha bisogno di farlo in sé stesso.
La realtà non necessita miglioramenti poiché è perfetta, il mondo non ne ha bisogno perché non esiste e va trasceso.
Maya significa non solo che il mondo è un’apparizione illusoria, ma anche che non ha nessun significato.
Chi vede il male è prigioniero di un’allucinazione: i mali del mondo sono reali come quelli visti sulla scena di un teatro. Il mondo dev’essere imperfetto per poter adempiere al suo compito di trascenderlo.
La differenza tra noi e le persone con cui ci identifichiamo (sono limitate) è che noi esistiamo – nell’illimitato Assoluto – mentre le persone con cui ci identifichiamo, non esistono e sono passeggere.
Il Sé che siamo, non è mai nato ed è immortale: i corpi cui ci identifichiamo sono invece come le ombre proiettate dai nostri corpi alla luce del sole.
Anche i corpi sottili, astrali e causali sono solo proiezioni del potere di immaginazione della Pura Consapevolezza e quindi irreali, solo il Sé, il substrato è reale.
Il mistero nascosto nel profondo del mondo e dell’individuo, se lo proiettiamo o oggettiviamo, lo nominiamo Assoluta Consapevolezza, ma se lo riconosciamo nel profondo di noi stessi è il SÉ (o Atman). Siamo sempre oltre l’essere e il non-essere, ed è indescrivibile col linguaggio umano.
Siamo quello che veglia quando il corpo dorme e che vive quando il corpo muore.
Il Sé è oltre lo spazio-tempo e causalità: oltre lo spazio significa che non ha né forma né frontiere; al di qua del tempo significa immutabile, al di qua della causalità significa che non ha origine e imperituro.
Poiché nulla esiste tranne l’Assoluta Consapevolezza, ne consegue che siamo quella Consapevolezza: senza frontiere, puri, immutabili e immortali, ecco quello che siamo realmente.
Non siamo nel mondo, ma il mondo è dentro di noi – è un quadro fittizio nella coscienza che siamo e in cui appaiono persone immaginarie con cui ci identifichiamo falsamente. Tutto succede nell’illimitata Presenza che siamo: libertà senza frontiere, pace e gioia.
Si tratta però di distinguere tra coscienza limitata e falsa che appartiene ancora alla persona illusoria e individuale e quella assoluta, senza traccia di personalità (ego), indescrivibile e inimmaginabile.
Assoluto e il nostro sé sembrano due in apparenza, ma sono un’unica realtà. Nell’Assoluto tutti i contrari sono risolti, non c’è né parte, né che l’Assoluto sia “intero”, altrimenti potremmo credere di poter cambiare il movimento del mondo, cosa impossibile.
Alla domanda del nostro rapporto con l’Assoluta Consapevolezza, il Buddha ha dato la sola risposta valida: è rimasto in silenzio.
Non ci sono relazioni: una relazione implica dualità, quando in realtà c’è solo identità e nessun”altro”. Guarda dietro una pietra e vedi TE, guarda dietro una pianta e vedi TE, guarda dietro un animale e vedi TE, guarda dietro una persona e vedi TE: guarda dietro di te e vedi TE.
Che i nostri corpi si manifestino come “realizzati” o non-realizzati, siamo sempre lo stesso.
I nostri corpi sono come nuvole passeggere nel cielo sempre azzurro.
Sul piano del mondo apparente non sembriamo liberi, in quello Assoluto siamo oltre gli opposti di libertà e di prigionia. La prigionia è illusoria. Possiamo liberarci solo dalla falsa credenza di essere imprigionati: non lo siamo mai stati.
Non possiamo essere “liberati”, come dicono gli ignoranti, ma ognuno È già libero: la libertà è il nostro essere vero e non può esserci né data né tolta.
Lo yoga non può portarci in generale, anche dopo anni e anni di sforzi fino alla morte, alla liberazione. Mayavada è la “Via” di chi la segue, per poter constatare la propria libertà da un secondo all’altro.
Il Sé che siamo, è il testimone o osservatore sia della veglia – nella persona apparente – sia del sogno, sia del sonno profondo: il cosiddetto “quarto stato” (turiya) e quello che è indescrivibile, turiyatita, che assiste a questi stati, è il solo stato del Sé in cui siamo sempre veramente immersi.
Cos’è l’uomo? Un fantasma, nient’altro e così i suoi dolori e le sue gioie. Tutti i problemi sono illusioni; se non ci sono illusioni, non ci sono problemi.
I suoi tre corpi-sottile, astrale, causale (apparenti) sono solo immagini fittizie nella Pura Coscienza che è. Crediamo che essa sia legata ai corpi, mentre sembra soltanto esserlo.
Il termine “avidya” è la falsa credenza che esista un mondo con dei corpi in esso. Nessuno è sprofondato in avidya, è solo immaginazione, apparenza.
I mali del mondo non sono l’ignoranza, ma di credere nella realtà del falso. Si tratta di abbandonare le conoscenze basate sul falso, quindi
non si tratta di imparare, ma di dis-imparare.
Più si sa e si conosce, più ci allontaniamo dal reale. Il nostro unico compito è di verificare che siamo solo marionette manovrate dall’ ignoto (che siamo).
Se non esistono individui, che libero (o non libero) arbitrio potrebbero avere?
Crediamo di agire, invece assistiamo solo alle azioni della persona illusoria cui ci identifichiamo: a che serve quindi un libero arbitrio? È basso esoterismo anche credere di non potere agire secondo volontà, mentre in realtà non vi è mai stata una volontà.
Chi accoglie l’insegnamento di maya viaggia nella vita senza bagagli o sensi di colpa.
La nascita significa che è apparsa un’illusione e la morte che un’illusione sparisce: quello che sta in mezzo ad esse è altrettanto immaginario. Non siamo mai nati e quindi immortali. Siamo nati in un corpo apparente e in un mondo apparente: nulla è mai successo.
Non ci sono ignoranti né saggi, né criminali né santi: sono solo immagini fittizie come la gioia e il dolore e noi siamo al di qua di esse. Facciamo solo quello che è nel programma.
Sul palcoscenico, lo sfondo che accoglie la “persona” *, appaiono pensieri, sentimenti, reazioni che crediamo nostri, come nuvole nel cielo puro.
La più grande saggezza è quindi lasciar accadere la vita.
Il karma è una catena di quadri falsi: le cosiddette colpe karmiche si appoggiano sui corpi sottili, ma il nostro vero Sé non ne è minimamente toccato. Finché lo crediamo ne siamo coinvolti.
Al momento della morte sembra che qualcosa accada, in realtà …nulla. Siamo ora come quando non eravamo ancora nati e lo saremo dopo la morte. Non vi è in realtà nessun mutamento.
Alla morte sparisce l’illusione di un corpo fisico, ma rimane quello degli altri corpi sottili. È un’immaginazione falsa che l’anima lasci il corpo alla morte: il corpo è nel Sé e alla morte il Sé spinge via un corpo (apparente). In realtà torniamo da dove non siamo mai partiti.
La morte è una benedizione perché se ne va l’imbroglio del mondo fisico. È la nascita e la prigionia in un corpo fisico che è da temere. La morte dovrebbe generare gioia.
Solo l’ignorante teme la morte, l’intelligente desidera la morte, ma al saggio non fa differenza che abbia un corpo o non ne abbia.
Chi non ha più desideri, non è più sottoposto al desiderio di reincarnarsi.
Il senso della vita? Ciò che non esiste non può avere un senso. Possiamo definirlo il senso di un gioco, un passatempo, ma un gioco che ci può risvegliare da un sogno.
Che senso ha dunque quello di migliorare, di perfezionare ciò che non è mai esistito? Gli stati di samadhi sono altrettante illusioni che non peggiorano né migliorano, ma non portano alla realtà. Se ci sono ancora desideri intensi (qualunque siano) essi allontanano dalla realtà sempre presente.
La fine della ricerca: colui che cerca non esiste e colui che esiste non cerca.
Il desiderio d’illuminazione impedisce il riconoscimento che siamo, siamo stati e saremo sempre al di qua o oltre degli opposti di illuminazione e ignoranza.
Nessuna azione o pratica spirituale potrà liberarci dalla falsa credenza che ci sia un mondo materiale e che il praticante sia un individuo in esso che possa subire un cambiamento, mentre invece queste rafforzano l’errore e ne impediscono la liberazione.
La pratica di rituali e cerimonie per raggiungere il traguardo della vita, non solo è inutile, ma anche dannoso.
Tutti gli ashrams sono monumenti dell’illusione, mentre la realizzazione del Sé è invece la liberazione da tutte le illusioni. Più ci si sente bene in un ashram e più questo è un ostacolo, più ce ne si allontana e più ci si avvicina alla realizzazione.
Non si ottiene la liberazione attraverso le pratiche, ma malgrado questi esercizi spirituali.
Siamo al mondo per imparare, ma l’ultima lezione è quella che tutto è stato un teatro, che nulla è migliorato e che tutto quanto è stato imparato era inutile.
L’unica cosa che può fare un guru è di comunicare al discepolo che né lui, il guru né il discepolo esistono. Se lo fa, è utilizzabile, se non lo fa, è un ciarlatano.
Non ci sono mai stati filosofi, maestri o illuminati, né Sankhara né Buddha, ecc. ma solo immagini fittizie di quelli: solo l’Assoluto ha parlato attraverso di essi. Non solo gli insegnamenti, ma anche i falsi insegnamenti derivano dalla Consapevolezza Assoluta.
Tutti i Maestri esterni sono solo cartelli indicatori del vero Maestro in ognuno di noi. Nessuno ha un Guru, ognuno È il Guru della persona che uno NON è. Non c’è differenza tra un vero maestro e un vero discepolo, solo identità.
La meditazione è senza senso, perché chi medita non esiste, ed è inutile perché quello che esiste veramente è immutabile e quindi non ha bisogno di meditazione.
Non è il pronunciare dei mantra, ma il silenzio, il modo di riconoscere la realtà: il meditante deve sparire.
Finché si crede di meditare, si è impantanati nel fango dell’illusione: se ci si accorge che è solo la persona illusoria che medita e che assistiamo alla meditazione della persona, siamo nella luce della Consapevolezza Assoluta.
Chi siamo realmente non fa esperienze. La realizzazione del Sé non è un’esperienza: finché c’è ancora “qualcuno” che fa esperienze, è ancora lontano dalla realizzazione.
Tutti gli stati di samadhi, anche il più alto (nirvikalpa) sono stati illusori e passeggeri: è lo stesso fenomeno di chi assiste alla manifestazione del mondo e dei suoi oggetti.
Finché si vede ancora qualcosa, non si realizza la verità: chi la realizza NON vede più NULLA.
Essere prigionieri dell’ignoranza è un’illusione, e così l’illuminazione. L’illuminazione avviene all’interno dell’universo illusorio ed è quindi anch’essa un’illusione.
L’immagine fittizia di un buon Guru porta alla comprensione che siamo sempre stati e saremo nel senza-tempo, al di qua d’illuminazione e non-illuminazione.
Gli individui non potranno mai essere illuminati, perché non esistono.
Quando avremo compreso che siamo già immutabile Consapevolezza, non possiamo più preoccuparci se le persone che appaiono nel mondo si manifestino sia come saggi sia come ignoranti.
Il Sé che siamo si trova su un piano di non-dualità, oltre ogni opposto: l’illuminazione – contrapposta all’ignoranza è quindi ancora nella dualità.
Chi sa quello che è veramente, non è né illuminato né cerca illuminazione.
Ci sono molti illuminati, ma pochissimi realizzati.
Moksa significa al di qua dell’illuminazione e dell’ignoranza.
La ricerca del Sé è la via al patibolo: la realizzazione costa … la propria testa.
Non ci sono sacrifici da fare tranne quello del proprio IO. Più si cerca all’esterno e più si è ipnotizzati da materia, mondo e individui.
L’infinito in noi ha la nostalgia dell’infinito: le depressioni sono la nostalgia della nostra vera patria.
Vita e dolore sono sinonimi. Essere felici in questo mondo d’ipnosi è la più grande disgrazia, ma in essa lavora già l’assoluta Consapevolezza.
Chi ha intrapreso il cammino spirituale ha come medicina i dispiaceri che non sono mancanze, ma gradini verso il Sé: essi guariscono perché distruggono la persona illusoria. Anche le medicine buone hanno spesso un sapore amaro.
Il Sé che siamo non è mai toccato né da mancanze, né da dolori, né da angosce. Chi se ne duole non è ancora toccato dalla propria vera natura.
Il saggio non ha pietà, ma solo compassione.
La legge della vera saggezza dice che chi rinuncia a tutto, guadagna tutto: significa essere già morto prima di morire.
Rinunciare a tutto non si tratta di gettar via i propri beni, ma accettare di buon grado se spariscono.
Non appena l’IO sparisce, l’Assoluto ne prende subito il posto vacante.
Se in ogni occasione della vita si comprende che l’IO a cui si era identificati non esiste e che il Sé che siamo non è mai commosso da nessun avvenimento, abbiamo raggiunto l’apparente traguardo della vita.
Nessuna richiesta, nessun desiderio, né di beni materiali né di assenza di malanni: il senso di pace dell’assenza di desideri ne è la prova.
Cerca la presenza di saggi realizzati se puoi, ma chi è solo ha tutto il mondo per sé.
L’animale nell’uomo cerca il branco, il divino cerca la solitudine; per guadagnare il cielo si deve abbandonare il mondo. Vivere come se non si vivesse. Tutto quello che si costruisce o nasce nel mondo è destinato a sparire.
Se riconosciamo il Sé, non abbiamo più bisogno del mondo.
Non siamo il corpo, siamo l’osservatore del corpo e delle sue azioni, come un film che passa: l’ascesi significa ritirarsi dalle false immaginazioni.
Il più grande ostacolo alla realizzazione è l’intelletto. Tutto dev’essere liquidato. Non dobbiamo accettare la verità da qualcun altro, ma trovarla in noi stessi e abbandonarsi alla grazia.
Morire prima di morire significa riconoscere profondamente che la persona individuale non esiste.
Chi ha riconosciuto il Sé non è ancora arrivato al traguardo: lo è (in apparenza) se lo vive totalmente, in ogni occasione.
Essere liberi non significa essere esenti da limitazioni, malanni e disgrazie, ma considerarli come fatti con cui non abbiamo nulla a che fare: la vera felicità non la si troverà mai nel mondo. Se uno è felice senza ragione, è sulla buona via.
Non dobbiamo raggiungere l’Assoluto, lo siamo sempre anche oltre l’eternità.
L’ignorante vive nel passato o nel futuro, l’intelligente vive nel presente, il saggio nell’assenza di tempo: in esso nulla cambia e nulla avviene.
È vivo chi non ha ancora realizzato la propria vera natura, il realizzato è già morto, il suo unico compito che rimane, è quello di lasciar cadere il suo corpo.
Dove l’uomo comune vede una persona, il saggio vede solo un’ombra, attraverso la quale vede…e che cosa? Sé stesso! Né niente né non-niente, né essere né non-essere: ossia…è indescrivibile.
Il saggio vede la propria vita e la manifestazione, come se assistesse a un film cui non reagisce più.
Egli non ha più bisogno né di guarire o migliorare, perché ha riconosciuto che tutto va bene così com’è. Non ha bisogno di aiutare il mondo, perché per lui il mondo non esiste più. Non desidera né chiede più nulla: non si rallegra né si dispiace per qualcosa, non ha tentazioni, ma assiste soltanto alla manifestazione illusoria.
Il saggio e il suo corpo sono come una coppia che vive insieme, ma non ha più nulla da dirsi.
Amore è un bisogno di soddisfazione sentimentale o sensuale: è l’opposto di odio: chi potrebbe amare colui che non ha più oggetti da amare o odiare? Ci dovrebbe essere uno che ama e un altro che è amato, ossia una dualità.
Egli esiste solo come un fantasma (o ologramma) senza traguardi, poiché non ha mai lasciato
la méta. Egli è un quadro immaginario, ma comunica la realtà ultima.
L’ultimo insegnamento del saggio: IL SILENZIO.
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* “persona”
– nel teatro antico la “persona” era appunto la maschera dell’attore