Se le porte della percezione fossero ripulite, tutto apparirebbe all’uomo com’è, INFINITO.
William Blake (poeta e pittore inglese del XVIII secolo)
Non sono solo poeti, artisti, mistici, saggi di ogni tempo arrivano a queste conclusioni, anche la fisica e la neuroscienza si sono schierate da quella parte, o non schierate, ma sperimentalmente ci hanno convinto.
Allucinazione collettiva e pazzia o riunione e perdita d’identità?
Commentando alcune frasi di Huxley:
-La realizzazione di ciò che È significa essere in ogni istante presenti a se stessi e alla vacuità immanente dell’essere pur restando in condizione di sopravvivenza come umano, di poter ragionare, pensare e sentire, se necessario.
Anche Tommaso d’Aquino prima di morire negò tutto quello che aveva scritto e ogni trattato filosofico. L’uomo che ha aperto una sola volta la porta del Muro e ritorna, non sarà mai lo stesso di quello che entrò. Sarà più felice e umile nell’accogliere il Mistero inconcepibile che mai potrà capire.-
Huxley parla di Mistero, ma questo “appare” tale solo alla mente ipnotizzata: poiché “siamo quel Mistero” quindi tutto e nulla, pur non potendo oggettivarlo, perché in tal modo ritorneremmo nell’ ipnosi della dualità.
Egli descrive bene lo stato dello schizofrenico che vive l’illimitato e si fonde in esso, direttamente senza il paraocchi dei concetti, tuttavia non riesce ad adattarsi alla pur apparente separazione “umana”. Nessun bisogno tuttavia di chiudersi in un eremo o in una stanza a fissare il muro, ma si tratta di viverlo ovunque, durante le occupazioni quotidiane, il lavoro o le faccende domestiche. Se sei completo, infinito, che bisogno hai di affermarti, di desiderare o possedere altro (beni, relazioni) ? Sei TUTTO SOLO. Il corpo si rivela un’etichetta e così i personaggi attorno, sono IO: le percezioni-sensazioni provengono solo dalla mia testa. La differenza con lo schizofrenico è che posso adattarmi secondo le necessità del momento.
La nascita e il suo processo sono ben documentati dalle esperienze di Stan Grof e tutto si ripete con modalità apparentemente diverse ( soffocamento, lotta, espulsione, violenza che diventa guerra, bisogno di potere e liberazione), nell’altrettanto apparente spazio-tempo. È come se appena nati, indossassimo un cappotto nuovo, che poi col tempo si sgualcisce, si logora, si aggiusta, finché lo si butta: tutto questo è qui nella mini-chiavetta USB. Posso anche verificare che ognuno di noi si crea i propri genitori e l’ambiente, estraendoli da sé e poi riponendoli durante la loro assenza o alla loro morte. Non c’è mai stato inizio e quindi che fine potrà avere? Si tratta solo di considerarlo un sogno evanescente, viverlo senza sottrarsi, poiché in ogni modo non ha realtà intrinseca.
Il mondo quindi è costruito come da tante scatolette concettuali imparate a memoria, ma ci chiude (o così sembra) al reale sempre presente che sfugge alla mente raziocinante. È possibile vivere in sintonia con entrambi, un po’ come guidare l’automobile pur ammirando il paesaggio.
Le filosofie, le religioni, le organizzazioni spirituali spesso ci offuscano la vera visione con l’intelletto e con delle norme specifiche, per imbrigliarci in un “sapere” utile invece solo per poter sopravvivere, trovare alloggio, andare al mercato o lavorare: è il regno della dualità, del “diabolico” tanto decantato dalle istituzioni, per poter imporre il loro potere e aumentare la paura. Non servono esorcismi o “autodafè’’ che mantengono, al contrario, l’uomo nella sua ipnosi. Le parole sono indizi, etichette, non fatti o realtà che percepiamo direttamente, ma purtroppo li memorizziamo come concetti e così perdono il loro sapore di verità.
Il senso di essere che ci accomuna tutti e che diventa un presuntuoso IO, è in fondo come un personaggio non invitato che d’un tratto s’intrufola in una riunione in casa nostra, comanda, agisce, si erge a padrone e poi scompare (sia nel sonno che alla morte) spesso senza nemmeno avvertire!
Il desiderio di “essere” è l’unico attaccamento, è il desiderio di conservare o ottenere che cosa? Genera la paura di morire, ossia di perdere questo primo…”concetto”. Se si resta nell’io- sono, i desideri spariscono ed esso si rivela un pensiero = 0
Ci si crede divisi tra un personaggio e una realtà esterna ad esso, pronta a danneggiarlo o che gli dà o toglie sicurezza: questo crea sofferenza, ma vi è anche la paura di ritrovare l’Unita originaria, credendola VUOTO. Quale vuoto? Lo si definisce Vuoto solo perché la mente non trova più un oggetto. Sei ciò che non puoi vedere, dato che è così intimo…lo ‘’sei’’, non puoi ‘’saperlo’’, quindi hai sempre bisogno di un ‘’riflesso’’ per vederti o immaginare qualcosa per vederti. Il riflesso è solo un espediente per farti vedere il tuo volto, ma il ‘’riflesso’’ non può essere la realtà…è solo un modo di farti ‘’vedere’’ l‘Invisibile’…. l’occhio non può vedersi.
Ecco perché si parla di “entrare nello specchio” di andare oltre il comune visibile, in questo modo si vive la realtà che prima era solo visibile attraverso una finzione, attraverso un gioco di luci, sensazioni che creano forme e cementano l’allucinazione, la pazzia collettiva, quella vera, ipnotica.
Se sei tutto o sei nulla, allora possiedi tutto o non possiedi nulla. Non perdi nulla o perdi tutto: è la stessa cosa. Perché agitarsi?
Come nasce una vela ?