Nel sonno profondo il senso di essere, di esistere, SCOMPARE. Al risveglio del mattino RICOMPARE e con esso il corpo che – per così dire – è avvolto dal presunto mondo esterno, in realtà creato e memorizzato dal sistema nervoso, dai concetti e dalla mente istruita dall’infanzia. I nomi solidificano un flusso di vibrazioni anonime.
Isabella di Soragna
– Siamo un pacco di convenzioni, imposizioni ‘’insegnate’’ dalla prima infanzia…cui ci siamo IDENTIFICATI – con un nome e un’apparenza fisica, ma che in realtà NON siamo! Ci siamo adattati per sopravvivere e bisogno di protezione: siamo robot parlanti. Vediamo il mondo dal ’’buco della serratura’’ e solo qualche artista o mistico riuscirà a convivere con la parte più vera. Abbiamo dimenticato il mondo “magico’” vero, soltanto rievocato da qualche favola o mito che sono ’’fuori dallo spazio-tempo’’ apparente e SEMPRE PRESENTI.
di Pradeep Apte
(chi, o che cosa è nato?)
Volgiamo uno sguardo che non colga solo il particolare, o il generale alternativamente, ma a qualcosa che abbracci l’intera connessione al gioco di risonanze di ciò che ci appare (senso di essere, corpo, mente, mondo). Omettendo lo spazio-tempo che si è rivelato apparente, relativo e una còlla utile solo a mantenere la sostanza del sogno diurno – ci avventuriamo involontariamente nel regno del senza-origine, senza cedere alla tentazione (inveterata) di trovare il minimo appiglio(mentale). In questo modo cadiamo spontaneamente in “QUELLO” che siamo da sempre, senza appellativi limitanti e divisioni tra soggetto e oggetto. Il percepito e il percipiente si dissolvono nell’unità sempre presente ma inosservata.
Jnana (conoscenza) e bhakti(devozione) si annullano l’uno nell’altro.
L’uomo (finché si crede tale) insoddisfatto e curioso cercherà sempre la Sorgente Ultima, trascendente della vita e di CHI è realmente…ma purtroppo come méta da raggiungere, un traguardo, allora troverà solo una “rappresentazione del nulla” che lo farà fuggire ancora più lontano quando è invece il contrario che lo soddisferà.
Viviamo in un mondo di etichette senza accorgerci che spesso la colla viene a mancare, poco alla volta queste si staccano e volano via, lasciando l’esperienza sensoriale in libertà, al senza-nome originario che accomuna il percepito in un’unica bolla.
LA MOSCA COCCHIERA o L’IO IMMAGINATO -che crede di regnare-
Non si tratta di rinnegare le proprie capacità o di sentirsi escluso e vile e detestabile. No, qui si tratta di verificare l’idea stessa di sé, del fatto di sentirsi esistere nel nostro profondo e coscienti di sé. Parliamo dell ’ego in poche parole.