IL LIBRO TIBETANO DEI MORTI
( Bar=tra – Do= due: stato intermedio)
Vorrei inserire qui un riferimento ad una tradizione antichissima che si apparenta sia alle varie mistiche secolari, sia alle scoperte scientifiche dei nostri tempi – come già accennato in vari articoli – anche se espresso in termini apparentemente diversi.
È il Bardo Thodöl tibetano.
Allo stesso modo si può vedere che le ‘Favole di Esopo’, quanto l’opera medievale ‘De Arte Moriendi’, sembrano suggerire un’infiltrazione profonda delle idee orientali su morte e rinascita e allo stesso tempo mostrano il nucleo reale del vero vivere in questo mondo. Osservatori occidentali dediti allo studio di significati occulti, hanno scoperto nei geroglifici sia egiziani che messicani, una forma popolarizzata di questa lingua segreta. Platone, Pitagora e i Druidi sembra che usassero questi codici e li si ritrova anche nei ‘Misteri’ in epoca medievale. Se si osserva bene anche nelle antiche chiese cristiane, altri simbolismi rimangono evidenti: agnello, drago, pesci, ecc. e il triangolo con l’occhio centrale (ripreso dai Massoni) e ben altro, come l’orientamento delle cattedrali e chiese. Il tutto probabilmente tramandato oralmente.
Ecco alcuni riferimenti al famoso Bardo Thodöl tibetano, ovvero la ‘liberazione attraverso la comprensione del piano della morte’.
Nel Buddismo e non solo tibetano, ha una grande importanza, in quanto ‘Manuale mistico,’ la condotta nei numerosi regni d’illusione tra la vita e la morte – ed è molto simile forse per relazione di culture, al ‘Libro egiziano dei morti’.
Questa opera buddista è il nucleo di insegnamenti conservati da santi e veggenti mistici della ‘Terra dai picchi nevosi’, il Tibet.
In esso si spiega che ci vogliono 49 giorni (7×7) per la cerimonia finale del Bardo. Studiando il testo si nota infatti che è basato sul numero simbolico 49 (7×7 – cifra sacra) questo indica che vi sono 7 mondi o 7 gradi di MAYA (origina dal nome tibetano: sgyâma, spettacolo magico, illusione riferita ai fenomeni naturali)
(Ebbi la fortuna di assistere alle cerimonie finali dopo 49 giorni, in seguito alla morte del Karma-pa, al monastero di Rumtek-Sikkim. La sensazione principale fu che non vi era mai stato un decesso, ma un continuo evolversi della vita, senza le apparenti separazioni: un abitante vicino a me, mi mostrò come segno di buon auspicio – alla fine della cerimonia – l’apparire in cielo di un bell’arcobaleno… a ciel sereno!).
I riti funerari tibetani sono pre-buddisti (tradizione Bön), simili a quelli dell’Egitto antico. Entrambi sono una guida al mondo dell’aldilà della morte: la vita non ha mai avuto inizio e non ha mai fine. In entrambe le culture, si cerca di restaurare la coscienza dopo lo stato di sincope della morte. Le visioni descritte sono allucinazioni, riflessi di memorie e forme-pensiero e sono usate per accompagnare il defunto ad accorgersi che il suo corpo non è più usufruibile e verso una nuova ‘nascita’. Lo scopo del Bardo è di far risvegliare il ‘dormiente’ alla Realtà e fargli oltrepassare tutte le illusioni terrestri dalle oscurità delle memorie (anche di inferni e purgatori e altre credenze apprese in vita).
L’insegnamento è che la materia è in costante trasformazione e il simile attira il simile: è comparabile alle pratiche druidiche e anche occidentali psicologiche, ossia che è il subconscio che ha registrato le memorie che si protrarranno se non sciolte! In breve ecco i tratti fondamentali:
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Tutti i fenomeni sono transitorie illusioni, non esistenti , salvo per uno spirito ‘materiale’ che li osserva.
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Come espresso da vari veggenti e filosofi (Socrate ecc.), la morte è una continuazione finché non avviene la Realizzazione, ossia la piena consapevolezza dell’irrealtà del miraggio terreno.
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Ecco il Nirvana-al di là di paradisi e inferni – la fine del dolore e la consapevolezza stabile del Reale.
Il Buddha disse:- Vi è un regno senza terra, acqua, fuoco e aria – che non è lo SPAZIO INFINITO, né il pensiero infinito, né il Nulla, né idea, né assenza di idea.-
Nel Bardo, durante i primi 4 giorni si manifestano – nella loro forma primordiale – i 4 elementi (fuoco, aria, acqua, terra). Il quinto elemento è l’ETERE (via luminosa alla saggezza) e che NON appare, ma ne è la base.
I cinque elementi che sempre compongono il miraggio dell’esistenza, sono anche visibili nelle 5 emozioni principali dell’uomo, oltre ad altri aspetti: queste emozioni non vanno soppresse, ma sperimentate come quelle dei bambini che appaiono e presto scompaiono. Tutto questo, tradotto nel linguaggio psicologico dell’occidente, rappresenta il subconscio (oltre la coscienza normale) destinato all’evoluzione del quinto ciclo futuro. In questo si dice che l’uomo si ricorderà di tutte le proprie vite, sempre latenti nel subconscio (come già predetto nei Misteri dell’antica Grecia). Tuttavia il vero scopo di queste descrizioni, è di guadagnare già ora, la Liberazione!
Inoltre vi è la dottrina del Mahayana buddista:-
Il Vuoto primordiale, Dharmakaya o Sunyata o Non-creato, che tutto penetra e i tre corpi:
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Dell’Illuminazione perfetta
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Quello del corpo divino
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L’incarnazione
Solo dopo tre giorni e mezzo il defunto realizza la propria condizione e si potrà procedere alla sepoltura o incinerazione. (come si usa ora per un funerale, passati tre giorni almeno)
Dal Vuoto iniziale o Dharmakaya, forma del corpo della Verità, si manifesta il seme del Vero Reale.
Da questo aggregato, si elevano tutte le creature di tutti i mondi e la… stupidità animale, lo caratterizza. Maya, l’illusione della forma, costituisce la schiavitù: la sua emancipazione è… il Nirvana.
‘Là dove non ci sono desideri, nulla va e nulla viene, dunque né morte né nascita e nemmeno mondo: ecco la fine del dolore’.
Al momento della morte il lama presente sussurra all’orecchio del moribondo:
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Ora entra nella ‘Chiara Luce’ della Realtà Pura e riconosci che la tua ‘conoscenza’ è stata finora irreale, mentre la Luce Primordiale, Reale è… Pura Vacuità. In realtà non vi è né nascita né morte. Anche se illusorie e terrestri, si manifestano attraverso queste apparizioni dovute a forme-pensiero e memorie.-
Nirvana è ancora in relazione col mondo, mentre la VACUITÀ è aldilà di tutte le relazioni. In quanto Vuoto che tutto penetra, il Dharmakaya è la forma, anzi l’assenza di forma del Corpo di Verità. Il seme della Verità.
In tutto questo si ritrova quanto descritto da vari filosofi , scienziati e mistici:
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Il miraggio dell’esistenza (nascita e morte e conseguente falsa identificazione a un corpo-mente)
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Vacuità essenziale
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L’etere (inafferrabile)
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La Realtà INCONCEPIBILE.
La Realtà inconcepibile che siamo e NON ‘sappiamo’, ovvero non si tratta di oggettivarla, perché si cadrebbe di nuovo nella divisione-illusione. La devozione totale al Sé o sat-guru è anche un modo di ‘annullarsi’ e riunirsi.
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Non sono nulla
Sarò sempre nulla
Non posso voler essere nulla
Detto questo porto in me tutti i sogni del mondo.
FERNANDO PESSOA
(poesie- Lisbona 1988-1935)