ESPLORAZIONE SCIAMANICA DEL SACRO NELLA SCHIZOFRENIA
(traduzione da Maureen Roberts Ph.D )
Il Sé dissociato o frammentato non ha sempre bisogno di essere riparato e può sopravvivere in questa frammentazione. In certe crisi la psiche, invece di mettere tutte le uova nello stesso paniere per proteggere la sua integrità durante la crisi, investe la sua energia in varie personalità frammentate, che non impediscono di funzionare normalmente nel quotidiano.
Nella mitologia si parla di smembramento di Osiride(Egitto) o di Dioniso(Grecia), Psiche deve scendere nel regno dei morti, Prometeo subisce l’ablazione del fegato(elemento corrispondente alla “fede” nel sistema cinese) dall’aquila di Zeus, Medusa è decapitata.
In reazione allo scopo della psiche di ritrovare l’unità e l’integrazione, la frammentazione è un duro colpo per l’orgoglio dell’ego fisso, che deve lasciare il senso d’identità stabile e deve mettersi da arte per lasciar posto al Sé come centro.
James Hillman, fondatore della psicologia archetipale nota che c’è una differenza enorme tra terapia e disciplina spirituale: colui che cerca attraverso i sintomi l’unità e l’integrazione, è impegnato in una disciplina spirituale. La terapia invece si preoccupa dell’anima e si perde nei giochi e nei meandri della vita psichica.
Colui che si nomina “schizofrenico” – dice Joseph Campbell, è dichiarato un visionario, mistico, nelle culture sciamaniche, quindi è messo in valore e non temuto o addomesticato con medicine. “Lo sciamano è un uomo o una donna che ha avuto un’esperienza schiacciante che lo fa rivolgere totalmente all’interno di sé stesso. È una specie di disintegrazione schizofrenica. Tutto l’inconscio si apre e lo sciamano cade dentro. Questa esperienza sciamanica è stata descritta molte volte dalla Siberia alla Terra del fuoco.”(Il potere del mito, 1988).
Quindi lavorare con degli schizofrenici dal punto di vista sciamanico, può essere utile, soprattutto se il terapeuta ha vissuto esperienze simili, come sperimentò Carl Gustav Jung, che perciò ebbe successo in questo tipo di guarigioni.
La maggior parte degli psichiatri riducono questo al fatto che, se uno stato, per es. la depressione, è spiacevole, deve essere arrestato o nascosto sotto un cerotto, ma giustamente poiché un’esperienza è dolorosa, non vuol dire che non ha valore, come una ”ferita che provoca la guarigione.” Come raccontò Mircea Eliade, l’iniziazione sciamanica può essere orribile, come essere fatti a pezzi fino allo scheletro. Se uno schizofrenico può passare attraverso questo processo con un terapeuta empatico, lui/lei potrà trovare una vera stabilità e la guarigione, alla fine della dura prova. Conosco degli schizofrenici che hanno abbandonato coraggiosamente le medicine allopatiche e si sono aiutati a vicenda attraverso il processo o più raramente hanno lavorato su di sé nella solitudine.
Come dice Stanislas Grof, lo sciamanesimo implica dei viaggi fantastici nell’inconscio collettivo. ”Gli individui che hanno integrato il loro viaggio interiore si familiarizzano con il territorio psichico e possono guidare e trasmettere questa conoscenza ad altri. Le iniziazioni drammatiche degli sciamani implicano sequenze di morte-rinascita che sono interpretate dagli psichiatri occidentali come un segno di malattia mentale! Essi li accomunano all’isteria, all’epilessia, ecc. È un giudizio tipico della cultura dell’Occidente piuttosto che una valutazione oggettiva. Gli studenti dell’Ovest considerano lo sciamano, un omino bizzarro, mentre le antiche culture distinguono chiaramente un vero sciamano da un malato pazzo. I veri sciamani hanno avuto esperienze potenti e particolari e l’hanno integrato in una cornice creativa e utile. Essi vivono la loro vita quotidiana normalmente: meglio di tanti altri…. “(Oltre il cervello di S. Grof, 1985)
(Va ricordato che le esperienze sia di peyote che di ayahuasca condotte da sciamani seri, implicano un rito sacro, compiuto in tutta umiltà, per preparare la psiche. Se assunte indiscriminatamente, possono produrre effetti molto negativi)
Lo psicotico invece non distingue più la realtà interna da quella esterna, poiché è totalmente schiacciato dalle forze primitive dell’inconscio e non può più vivere come una persona responsabile. Non tutti gli schizofrenici sono psicotici, ma molti trovano difficile mettere uno schermo tra il loro ego e le forze inconsce archetipiche: per questo C.G.Jung dice chiaramente che avere un ego stabile è necessario per fronteggiare queste visioni e queste voci e poter funzionare ne mondo.
Schizofrenia, la malattia dello sciamano
È un sentiero solitario che chiede molto a coloro che vi sono chiamati, soprattutto quelli che in occidente devono lottare con il rifiuto di ammettere una realtà diversa di visioni e tormenti. A parte il fatto di dover subire la perdita dell’ego e la cancellatura delle realtà interne ed esterne, devono anche contestare la nozione psichiatrica di “normalità” e che questi stati siano estirpati con medicine e confino in un asilo psichiatrico. L’invasione dell’ego da queste forze trasforma irrimediabilmente: chiunque ha subito queste crisi può rinchiudere questi vasti orizzonti dalla loro coscienza, nei limiti claustrofobi e rassicuranti delle norme culturali. Eppure, invece di incoraggiare lo sviluppo di questi livelli di coscienza trascendenti, gli psichiatri tradizionali, che hanno paura dell’ignoto, dell’irrazionale, numinoso e anormale, provano a rinchiuderlo nell’eufemismo di un “trattamento terapeutico”.
Lo schizofrenico, essendo intensamente introverso, è automaticamente poco adattabile in una società che definisce in modo ristretto l’identità personale in termini di apparenza, comportamento e stato sociale. Lui/lei vive in una realtà discontinua che può diventare un bombardamento di realtà che s’incrociano, di voci e percezioni caotiche. Tutto acquista un tono mitico. Gli attori nei loro drammi archetipali diventano dèi, a volte benevoli, a volte distruttivi. La psichiatria tradizionale lavora con questo fardello addormentando la mente e cercando di adeguare l’individuo alle norme culturali. Allo stesso tempo il paziente è privato dell’unico mezzo di apprendistato che molti di questi schizofrenici considerano di un grande valore da perseguire. Purtroppo la legge è nelle mani di quegli psichiatri che tolgono ciò che per altri è considerato un tesoro e un’iniziazione.
Lavoro con il Sé frammentato
Lo schizofrenico, dice J. Campbell, è schiacciato e debilitato da esperienze con le quali il mistico prospera, lo sciamano percorre questo sentiero sinuoso tra un’attenzione focalizzata e una ferita, la frammentazione e la malattia dell’anima. Nella trance sciamanica l’ego non è sommerso, ma messo da parte deliberatamente e destabilizzato dal viaggio iniziatico.
Vi sono molti racconti di persone che ne sono usciti e una giovane donna racconta come le fu possibile notare che i medici osservavano solo i sintomi che potevano concordare con i loro manuali di psichiatria; se lei si lamentava o metteva in dubbio la terapia che l’addormentava, il suo atteggiamento era visto come un segno di malattia. Allora decise di non prendere le medicine che le permettevano di bloccare la paura e paranoia costante. Ma ciò malgrado, lei si sentì subito più viva e creativa. Dopo molte ricadute nel mondo animista e mitologico, potè partire per la Scozia dove i grandi spazi la rinforzarono fisicamente e moralmente e cominciò ad osservarsi all’interno per osservare il comportamento della sua mente, a “raggomitolarlo” come fosse un filo, per poter compiere le faccende richieste. In tal modo smise di sentirsi vittima e poté controllare le sue pulsioni. Non dovette più tornare nella clinica, si sentì bene e ricominciò a studiare!
Raccontò:- Ho ancora visioni e sento voci, ma è grazie ai personaggi dei miei sogni che ho potuto lavorare sul mio caso e immergendomi in ciò che sperimentavo piuttosto che bloccandolo.-
Altri affermarono che questa situazione ha portato loro un tale tesoro, malgrado la sofferenza e non rimpiangono nulla. Il suono di un tamburo, una musica adatta e in gruppo con gente simile ha potuto avere effetti benefici in molti casi.
Jung notò che il suo lavoro avrebbe potuto essere continuato da “quelli che soffrono”, ossia quelli che hanno il coraggio di confrontarsi, malgrado la solitudine che ciò implica e i rischi, con le profondità nel dominio dell’ombra.
Gente simile ha il diritto di poter scegliere la propria ”cura”, anche se ciò richiede molto coraggio da parte sia del paziente sia del terapeuta, ma ci sono scelte di cui gli schizofrenici devono essere informati.